Marchigiani a Monticchio

Nel 1872 l’intera tenuta di Monticchio fu ceduta dal Demanio dello Stato al Credito Franco Svizzero. Restituita per inadempienza degli accordi, arrivò in possesso della Società Lanari & C. di Roma, i cui proprietari erano di origine marchigiana (Ancona). 

Dal 1892 al 1903 i Lanari divisero l’azienda in due parti: una, di circa duemila ettari e completamente trasformata, rimase agli eredi Lanari; l’altra, di circa tremila e trecento ettari, fu attribuita al Credito mobiliare che poi la cedette al Banco di Roma.

Dovettero anzitutto occuparsi di sicurezza. Lottarono contro gli ultimi residui di un endemico brigantaggio per passare in seguito alla grande opera di rinnovazione (la direzione delle opere venne affidata a Rocco Buccico): dissodarono e misero in coltura vaste estensioni di terreno; piantarono alberi di castagno; avvicendarono le culture di leguminose con quelle di cereali; fecero opera di bonifica e d’irrigazione; diedero impulso e rinnovamento alla zootecnia; realizzarono vivai di piante forestali, diffusero vigneti e frutteti specializzati; lanciarono le acque acidule ed alcaIine di Monticchio nel mercato internazionale. 

Praticarono la colonizzazione con successo facendo immigrare a Monticchio famiglie marchigiane industriose e laboriose che vennero accolte in comode ed igieniche case coloniche, con attrezzi e scorte. Circa 20 case coloniche vennero realizzate in stile marchigiano, di tre tipologie: da venti ettari, da trenta ettari e da quaranta ettari. Case di due piani, di cui quello inferiore comprende la stalla, il forno, la cantina, il ricovero per il carro (biroccio) e gli attrezzi. Il piano superiore è composto di 4-5 camere, dal magazzino e di un’ampia cucina.  Scuole per i figli, corsi d’istruzione per i capifamiglia, servizi come l’ufficio postale, determinarono per lungo tempo benessere a Monticchio.


Renato Spicciarelli, docente universitario, è tra i massimi esperti del Vulture. Da molti anni studia la complessa biologia della falena Brahmaea europaea. Nel 1997 per la prima volta ha osservato in natura i suoi bruchi, da allora ha codificato i loro particolarissimi comportamenti nello straordinario habitat di Grotticelle d'Ofanto. In passato, in qualità di responsabile, ha coordinato un gruppo di lavoro nell'ambito del programma Rete Natura 2000 per le aree SIC (Siti di Importanza Comunitaria) Monte Vulture, Monte Paratiello e Grotticelle di Monticchio.

Il suo è più di un racconto. È un itinerario multiforme sulla vita dell'antico vulcano e dei suoi straordinari ambienti che si dipana variamente per mezzo degli occhi dello studioso. Il Vulture viene delineato dalle sue origini prestando attenzione all'influenza che esso ha avuto sul territorio circostante, contribuendo a disegnarne il paesaggio e a definirne le peculiarità: la magnifica montagna appare così in tutta la sua complessità e bellezza.

 

 

Un'isola dal nome di avvoltoio

Un'isola dal nome di avvoltoio

Un'isola dal nome di avvoltoio

Si erge imponente il Vulture, isolato com'è tra pianure.

L’antichissima montagna, cara al poeta latino Orazio, è un vulcano. Dal tempo della sua edificazione, circa 750.000 anni fa, è l’indiscusso protagonista primigenio delle vicende geografiche, botaniche, zoologiche, antropologiche, cui è andato incontro l’ambiente naturale circostante.

Dal suo ultimo fuoco, circa 125.000 anni fa, il paesaggio vivente si è costruito lentamente ma continuamente, attraversando le glaciazioni e una storia naturale e dell’uomo molto coinvolgente. Testimone d’eccezione è una farfalla, un relitto miocenico, un fossile vivente: la Bramea europea che, in piccolo bosco del Vulture, trova ancora oggi, dopo milioni di anni, il suo antichissimo habitat.

L’intero massiccio è inserito nell’inventario Nazionale dei Geositi. La sua caldera di collasso, completamente rimboschita, con giù i due laghi di Monticchio, costituisce la Zona Speciale di Conservazione (ZSC) Monte Vulture.

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Il vulcano: dinamica eruttiva, geosito

Il vulcano: dinamica eruttiva, geosito

Il vulcano: dinamica eruttiva, geosito

La storia eruttiva del Vulture è iniziata più di 700.000 anni fa. È il solo vulcano italiano a essere ubicato sul versante orientale della catena appenninica

L’edificio vulcanico presenta una morfologia molto complessa. Si è andato realizzando attraverso diverse fasi alterne di costruzione e distruzione, perciò la sua forma non è immediatamente riconducibile a quella classica vulcanica a cono. Craterizzazioni, collassi, fasi tettoniche, sono le forze che hanno agito modificandone l’aspetto. Le eruzioni durante la sua storia sono state anche molto variabili: esplosive, di tipo stromboliano, ma anche effusive e idromagmatiche.

L’attività eruttiva non si è svolta soltanto ripetutamente da una singola bocca (come nel caso dell’edificio morfostrutturale denominato Vulture-san Michele), bensì anche da molteplici centri eruttivi sovente monogenetici, come quello che ha dato origine alla colata lavica su cui sorge l’antico abitato di Melfi, compreso il suo castello, o quelli che hanno portato alla formazione dei laghi così come oggi li conosciamo.

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I laghi e le acque minerali

I laghi e le acque minerali

I laghi e le acque minerali

Il Lago Piccolo e il Lago Grande di Monticchio sono alimentati da acque sotterranee e meteoriche. Quelle del “Piccolo” si versano nel “Grande” attraverso un canale artificiale, mentre le acque di quest’ultimo invaso, per mezzo del Torrente Laghi, si versano nell’Ofanto, confine tra la Campania e la Basilicata.

Il Piccolo ha le rive prive di spiaggia, sembra quasi che il bosco vi si precipiti dentro, mentre il Grande è circondato da ampie aree che spesso sono allagate determinando impaludamenti, ma anche una straordinaria biodiversità.

Una recente misurazione batimetrica (2015) ha accertato una profondità massima per il Lago Piccolo di circa 44 metri, per il Lago Grande di circa 40 metri.

I laghi di Monticchio sono stati inclusi nel Progetto Euromaars (UE), finalizzato alla ricostruzione della storia climatica del Quaternario attraverso lo studio dei sedimenti di alcuni bacini lacustri europei, oltre all’European Lake Drilling Project (ELDP) e il Past Global Changes (PAGES) dell’International Geosphere Biosphere Programme (IGBP). Da molti anni il GeoForschungsZentrum (GFZ) di Potsdam (Germania) sottopone a indagini multidisciplinari i sedimenti del Lago Grande. 

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Le sorgenti, le fontane, le cascate

Le sorgenti, le fontane, le cascate

Le sorgenti, le fontane, le cascate

Le sorgenti vulturine si possono distinguere in due gruppi: quelle con acque poco mineralizzate e povere di CO2 e quelle con acque mineralizzate e ricche di CO2

Esse emergono su tutto il monte, da poco sotto la sommità fino alla base dell’apparato vulcanico. Hanno età molto differenti e, sebbene vi siano falde basali sovrapposte, queste sono tutte intercomunicanti a grande scala. Le piccole sorgenti d’alta quota sono invece alimentate da falde sospese.

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Il paesaggio vivente

Il paesaggio vivente

Il paesaggio vivente

Il paesaggio del Vulture è particolarmente diversificato. 

Le sue aree naturali dimostrano un’eccezionale biodiversità oggetto di studi da parte di numerosi botanici che, nel corso tempo, si sono avvicendati tra questi boschi. Essi hanno lasciato interessanti testimonianze delle loro peregrinazioni, redigendo inventari sulla flora che ricopre questo Monte. Oggi tali studi sono di estremo significato: permettono di comprendere l’evoluzione del sito e con essa di portare alla luce i profondi cambianti che l’hanno interessato.

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La flora spontanea

La flora spontanea

La flora spontanea

Nel Vulture si segnala la presenza di numerosi taxa di notevole interesse conservazionistico e biogeografico. 

Il pungitopo (Ruscus aculeatus) è inserito nella Direttiva “Habitat” 92/43/CEE. Altre specie sono protette a livello regionale dal D.P.G.R. n. 55 del 18 marzo 2005, il decreto che identifica le specie della flora regionale prioritariamente da salvaguardare e il diverso grado di protezione loro riservato, in funzione dell’attuale stato di conservazione e della loro vulnerabilità. 

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Le parole di alcuni dei personaggi più illustri 

che hanno visitato la terra del vulcano e ne sono rimasti affascinati

 

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