Si erge imponente il Vulture, isolato com'è tra pianure.
L’antichissima montagna, cara al poeta latino Orazio, è un vulcano. Dal tempo della sua edificazione, circa 750.000 anni fa, è l’indiscusso protagonista primigenio delle vicende geografiche, botaniche, zoologiche, antropologiche, cui è andato incontro l’ambiente naturale circostante.
Dal suo ultimo fuoco, circa 125.000 anni fa, il paesaggio vivente si è costruito lentamente ma continuamente, attraversando le glaciazioni e una storia naturale e dell’uomo molto coinvolgente. Testimone d’eccezione è una farfalla, un relitto miocenico, un fossile vivente: la Bramea europea che, in piccolo bosco del Vulture, trova ancora oggi, dopo milioni di anni, il suo antichissimo habitat.
L’intero massiccio è inserito nell’inventario Nazionale dei Geositi. La sua caldera di collasso, completamente rimboschita, con giù i due laghi di Monticchio, costituisce la Zona Speciale di Conservazione (ZSC) Monte Vulture.
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La storia eruttiva del Vulture è iniziata più di 700.000 anni fa. È il solo vulcano italiano a essere ubicato sul versante orientale della catena appenninica.
L’edificio vulcanico presenta una morfologia molto complessa. Si è andato realizzando attraverso diverse fasi alterne di costruzione e distruzione, perciò la sua forma non è immediatamente riconducibile a quella classica vulcanica a cono. Craterizzazioni, collassi, fasi tettoniche, sono le forze che hanno agito modificandone l’aspetto. Le eruzioni durante la sua storia sono state anche molto variabili: esplosive, di tipo stromboliano, ma anche effusive e idromagmatiche.
L’attività eruttiva non si è svolta soltanto ripetutamente da una singola bocca (come nel caso dell’edificio morfostrutturale denominato Vulture-san Michele), bensì anche da molteplici centri eruttivi sovente monogenetici, come quello che ha dato origine alla colata lavica su cui sorge l’antico abitato di Melfi, compreso il suo castello, o quelli che hanno portato alla formazione dei laghi così come oggi li conosciamo.
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Il Lago Piccolo e il Lago Grande di Monticchio sono alimentati da acque sotterranee e meteoriche. Quelle del “Piccolo” si versano nel “Grande” attraverso un canale artificiale, mentre le acque di quest’ultimo invaso, per mezzo del Torrente Laghi, si versano nell’Ofanto, confine tra la Campania e la Basilicata.
Il Piccolo ha le rive prive di spiaggia, sembra quasi che il bosco vi si precipiti dentro, mentre il Grande è circondato da ampie aree che spesso sono allagate determinando impaludamenti, ma anche una straordinaria biodiversità.
Una recente misurazione batimetrica (2015) ha accertato una profondità massima per il Lago Piccolo di circa 44 metri, per il Lago Grande di circa 40 metri.
I laghi di Monticchio sono stati inclusi nel Progetto Euromaars (UE), finalizzato alla ricostruzione della storia climatica del Quaternario attraverso lo studio dei sedimenti di alcuni bacini lacustri europei, oltre all’European Lake Drilling Project (ELDP) e il Past Global Changes (PAGES) dell’International Geosphere Biosphere Programme (IGBP). Da molti anni il GeoForschungsZentrum (GFZ) di Potsdam (Germania) sottopone a indagini multidisciplinari i sedimenti del Lago Grande.
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Le sorgenti vulturine si possono distinguere in due gruppi: quelle con acque poco mineralizzate e povere di CO2 e quelle con acque mineralizzate e ricche di CO2.
Esse emergono su tutto il monte, da poco sotto la sommità fino alla base dell’apparato vulcanico. Hanno età molto differenti e, sebbene vi siano falde basali sovrapposte, queste sono tutte intercomunicanti a grande scala. Le piccole sorgenti d’alta quota sono invece alimentate da falde sospese.
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Il paesaggio del Vulture è particolarmente diversificato.
Le sue aree naturali dimostrano un’eccezionale biodiversità oggetto di studi da parte di numerosi botanici che, nel corso tempo, si sono avvicendati tra questi boschi. Essi hanno lasciato interessanti testimonianze delle loro peregrinazioni, redigendo inventari sulla flora che ricopre questo Monte. Oggi tali studi sono di estremo significato: permettono di comprendere l’evoluzione del sito e con essa di portare alla luce i profondi cambianti che l’hanno interessato.
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Nel Vulture si segnala la presenza di numerosi taxa di notevole interesse conservazionistico e biogeografico.
Il pungitopo (Ruscus aculeatus) è inserito nella Direttiva “Habitat” 92/43/CEE. Altre specie sono protette a livello regionale dal D.P.G.R. n. 55 del 18 marzo 2005, il decreto che identifica le specie della flora regionale prioritariamente da salvaguardare e il diverso grado di protezione loro riservato, in funzione dell’attuale stato di conservazione e della loro vulnerabilità.
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