Quinto Orazio Flacco, I secolo a. C., Odi

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Me fabulosae Volture in Apulo

altricis extra limina Pulliae

ludo fatigatumque somno

fronde nova puerum palumbes 

texere, mirum quod foret omnibus

quicumque celsae nidum aceruntiae

saltusque bantinos et arvum

pingue tenent humilis forenti,

ut tuto ab atris corpore viperis

dormirem et ursis, ut premerer sacra

lauroque conlataque myrto (…)

 

Sul Vulture d’Apulia sfuggito

al controllo di Pullia, mia nutrice,

e sommerso dal sonno dopo il gioco,

colombe misteriose mi ricopersero, 

fanciullo di fronde novelle

e gli esseri, che in cima all’Acerenza, 

nei boschi bantini o nella pianura fertile

della bassa forenza hanno il nido, 

si meravigliavano che io dormissi

protetto dalle vipere nere e dagli orsi,

coperto da tassi d’alloro sacro e mirto (…)